domenica 28 giugno 2020

Recensione: Fiore di roccia di Ilaria Tuti


 Autore: Ilaria Tuti
Editore: Longanesi
Pagine: 320
Prezzo: cartaceo € 18,80, ebook € 9,90
Trama
UNA VICENDA EPICA E INTENSA CHE LA STORIA AVEVA DIMENTICATO

IL NUOVO GRANDE ROMANZO DI UN'AUTRICE SEMPRE PIÙ APPREZZATA ANCHE ALL’ESTERO

Dalla voce potente della creatrice di Teresa Battaglia, un'indimenticabile storia di coraggio, generosità e resilienza femminile

«Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche i villaggi, mille metri più giù.

Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle.

Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame.

Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riem­piono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore.

Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione.

Risaliamo per ore, nella neve fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. I cecchini nemici – diavoli bianchi, li chiamano – ci tengono sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre saliamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i ’fiori di roccia’.

Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l’eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall’inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire.

Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.»

Con Fiore di roccia Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.

Recensione 
Durante la prima guerra mondiale, in Italia più precisamente sulle montagne del Friuli un gruppo di donne coraggiose ha sfidato la montagna e i pericoli della guerra per aiutare i soldati al fronte. Tra di loro c'è Agata, una giovane donna, figlia di un cacciatore e della maestra del paese. È più colta delle compagne, per questo e per il suo caratterino pepato diventa la loro portavoce presso il comandante di reparto. Le prime salite sono difficili, non solo per la fatica e la paura ma anche per la diffidenza che i soldati mostrano nei loro confronti. Pian piano però si ricrederanno tutti e anzi inizieranno a provare per queste donne un tale rispetto da annoverarle tra le loro fila. Agata stringe una sorta di amicizia fatta di rispetto e sostegno con il capitano e il dottore, due figure positive e interessanti, per certi versi avrei voluto che l'autrice li sviluppasse maggiormente invece a parte la protagonista tutti i personaggi secondari per quanto ognuno abbi una sua caratterizzazione a mio avviso rimangono solo abbozzati. Al villaggio, dove abitano Agata e le sue amiche troviamo l'unica figura maschile nettamente negativa, Francesco, di buona famiglia è abituato ad avere tutto ciò che chiede, al fronte non ci è mai andato e l'unico suo pensiero è Agata, la desidera in maniera quasi morbosa. La ragazza dal canto suo ha ben altri pensieri, l'anziano padre malato da accudire, i soldi che scarseggiano assieme al cibo, in alcuni momenti mezza patata bollita è tutto quello che può mettere sotto i denti per un intera giornata. Le salite al fronte aiutano un pochino in questo senso dato che vengono retribuite ma la fatica è terribile e il rischio è altissimo. Le gerle che le donne trasportano sulla schina vengono riempite di cibo, medicine o munizioni al massimo della loro capienza lasciando profondi solchi nella pelle. A volte durante le salite le donne, per distrarsi cantano e le loro voci leniscono un po' anche i cuori degli alpini che le aspettano in cima alla montagna. Nel complesso ho trovato lo stile di scrittura dell'autrice  un po' troppo prolisso e colto per essere il punto di vista di una contadina, ma passate le prime cento pagine senza avvenimenti degni di nota in seguito la storia decolla e mi sono trovata a divorare il libro in pochissimo tempo. Solo il finale mi ha lasciata un po' perplessa, l'ho trovato un pochino scontatoee troppo affrettato. Nel complesso penso sia una storia che valga veramente la pena di leggere. Uno scorcio del nostro passato che ho apprezzato veramente molto conoscere.

3 commenti:

  1. Questa è una storia che ha una sua forza intrinseca,u a potenza che sta negli stessi accadimenti e che parla di resistenza e di sacrificio ma anche una storia di dimenticanza e di silenzio. Sono molto contenta che la Tuti l'abbia fatto uscire fuori dai confini friulani. La scrittura invece mi ha suscitato quasi fastidio per il lirismo e la ridondanza rispetto ad un ambiente rurale povero e austero. Insomma, la storia bellissima, la scrittura un po' meno, almeno per me.

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